Workshop di Fisica applicata alla conservazione dell’ambiente

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Workshop di Fisica applicata alla conservazione dell’ambiente

Dal 14 al 16 settembre, un workshop tra Padova e Venezia .

Il primo punto considerato è stato l’esame della normativa europea a riguardo del microclima per i beni culturali: come misurarlo, come mezzo per la diagnostica ambientale, e infine per le esigenze conservative e di comfort, inclusa la loro conflittualità. Si è cominciato con l’analizzare i vari tipi di termometri (a contatto, quasi contatto, pirometri, termocamere IR) per capirne l’uso e la differenza, e la diversa risposta che possono dare nel campo dei beni culturali a seconda delle caratteristiche dei singoli oggetti. Similmente per le misure igrometriche. Dalle misurazioni dirette di temperatura e umidità si possono calcolare dei parametri termoigrometrici che sono preziosi come traccianti o per evidenziare gli scambi di vapore in atto tra i materiali e l’ambiente che li circonda. Sono preziosi per indagare come i materiali rispondono ai cambiamenti microclimatici, quali sono sostenibili e quali no.

Il complesso del Monastero di S. Giustina offre esempi interessanti di opere lignee o plurimateriche realizzate 5 secoli fa, ma tenute in ambienti diversi: alcuni senza alcun riscaldamento, altri che hanno subito dei sia pur brevi periodi in cui si è cercato di ottenere un po’ di comfort termico nel rigore dell’inverno.

Il confronto sul posto ha permesso di chiarire i concetti del clima storico previsto dalla normativa EN 15757, i meccanismi di degrado, il problema del riscaldamento nei luoghi di culto ricchi di opere vulnerabili (norma EN 15759-1), e la conflittualità tra comfort termico e esigenze conservative.

La visita guidata alla Cappella di Giotto ha permesso di approfondire il tema della diagnostica ambientale che Giovanni Urbani aveva voluto creare come esempio metodologico. Ciò ha permesso anche un confronto tra le raccomandazioni scientifiche alla fine delle indagini e la loro realizzazione a lungo termine.

A Venezia si è potuto capire cosa significhi la crescita di livello del mare che negli ultimi 7 secoli ha superato 130 cm e sta continuando con ritmo esponenziale. Occorre saper guardare la città e riconoscere i segni del cambiamento, dal livello delle rive, delle porte, degli scarichi fognari e delle scale che danno ai canali. Si è spiegato come il livello del mare è stato ricostruito grazie al confronto del livello delle alghe nei quadri di Veronese, Canaletto e Bellotto (effettuati con l’ausilio della camera oscura) e la sommersione delle scale esterne dei palazzi sul Canal Grande misurata con l’ausilio del Nucleo Sommozzatori della Polizia di Stato. Si sono evidenziati i meccanismi di degrado dei materiali (litici, litoidi, metalli) a seguito del contatto con l’acqua marina. Non solo l’ambiente esterno è a rischio, ma lo sono anche le opere all’interno di chiese e palazzi. Per questo sono stati illustrati i due casi studio della Basilica dei Frari e di Cà Rezzonico, quest’ultimo ancora in corso.

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