Il logo della SSBAP: storia di un progetto
- 19/03/2024 -06/09/2024 -
- da admin
La storia del logo della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio (già Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti) raccontata dal suo ideatore: Massimo Simini
Mi si chiede di raccontare la genesi e le ragioni alla base della costruzione del logo della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio.
In verità, non ricordo esattamente a quale anno risalga la sua ideazione ed elaborazione ma credo si tratti di una ventina di anni fa. Ho bene in mente, però, quali sono state le linee guida che mi sono imposto e che ne hanno indirizzato la progettazione.
Ricordo di aver concepito il logo anche con lo scopo di costituire una sorta di illustrazione per una locandina e un pieghevole di presentazione della Scuola che mi erano stati commissionati contestualmente allo stesso.
Nei due apparati grafici che dovevo produrre non mi pareva corretto inserire una o più fotografie di monumenti specifici perché, a mio avviso, avrebbero sviato il senso di universalità a cui la Scuola, come anche l’indirizzo dei corsi di Conservazione nella Facoltà di Architettura di Milano di quegli anni, miravano. Non ci si occupava di Monumenti, ma di Beni architettonici e si intendeva restituire a ciascun edificio su cui era necessario intervenire (anche a quelli relativamente poveri o recenti) la dignità e il diritto a mantenere e preservare la propria storia, la propria qualità e consistenza materica.
Nell’elaborare il progetto grafico che mi era stato commissionato era dunque necessario trovare una forma che fosse in grado di evocare la più ampia casistica di edifici storici, senza però che avesse caratteristiche tali da permetterne un’identificazione certa e univoca. È da qui che è nata l’idea di utilizzare alcuni elementi base dell’Architettura, quali le colonne o i pilastri, la cupola, la lanterna, la gradinata, riducendoli a forme geometriche pure, come possono essere il triangolo, il rettangolo, il quadrato e il semicerchio.
La composizione degli elementi rimanda alle forme di una chiesa monumentale del Rinascimento come a quelle di una cappelletta barocca. Ricorda i battisteri che fanno da sfondo ai dipinti di Raffaello o del Perugino, ma anche le forme del Pantheon, dei mausolei o del Tempio Voltiano, dei tempietti neoclassici e delle architetture palladiane.
Alla struttura edilizia composta da queste forme semplici si sovrappone un’impalcatura esile e trasparente, schematizzata in sottili elementi geometrici, che è simbolo di lavoro e di intervento, di attenzione e di cura.
Una sola metà del ponteggio risulta visibile e presente: forse i lavori sono in parte già terminati e il castello è stato già parzialmente smantellato, oppure devono essere ancora intrapresi. O, quelli in corso, sono interventi puntuali, limitati, che interessano una sola porzione dell’edificio.
Nel pieghevole (un foglio A4 diviso in tre facciate per lato) era riproposta l’immagine di una sola metà dell’edificio e l’impaginazione era giocata in maniera tale da fare apparire o scomparire il ponteggio allo sfogliare delle pagine.
Un’ultima considerazione riguarda, infine, la scelta dei colori o, per meglio dire, dei contrasti cromatici selezionati per il logo: gli elementi dell’edificio bianco si stagliano su un fondo colorato (in origine era rosso vermiglione, ma suscettibile di essere mutuato in qualunque altra tinta più o meno vivace). A contrasto, il profondo grigio antracite, quasi tendente al nero, del ponteggio.
Il logo consente così, senza perdere forza e incisività, un’ampia varietà di versioni: in positivo, in negativo e in bianco e nero. E permette, come si è visto, nella sua complessa semplicità, di essere un sigillo riconoscibile e in grado di imporsi anche riprodotto in scala minuta, così come, aumentato nelle dimensioni, di assumere le qualità di una vera e propria illustrazione.
Milano, 15 febbraio 2024
Massimo Simini